**Diario di una Nonna Invisibile**
Oggi è stato un altro giorno in cui mi sono sentita come un’estranea nella vita di mio figlio. Mia nuora, ancora una volta, mi ha chiuso la porta in faccia senza esitazione.
— Mio figlio è sposato da cinque anni, e in tutto questo tempo non sono mai stata invitata a casa loro. Nemmeno per un caffè. Lucia, mia nuora, ha fatto capire subito che non ama avere ospiti, — racconto con voce spezzata io, Rosaria Bianchi, 60 anni, di Firenze.
Mio figlio abita con lei nel suo monolocale in centro, un appartamento modesto ma sufficiente per due. Hanno progetti per il futuro, lavorano sodo e risparmiano. Tutto sembrava normale, logico.
— Finché non hanno avuto figli, non mi sono impicciata. Loro erano sempre al lavoro, io nella mia casetta in campagna: ognuno aveva la sua vita. Ci vedevamo solo alle feste e parlavamo al telefono regolarmente. Ero contenta così, — ammetto con un sospiro.
Poi tutto è cambiato. Lucia ha avuto una gravidanza difficile, il parto è stato complicato. Per un attimo, ho temuto per la sua vita. L’ho assistita in ospedale, portandole ciò di cui aveva bisogno, preoccupandomi per lei. Mai avrei immaginato che, una volta nata mia nipote, mi avrebbero allontanata così.
— Prima del parto, Lucia diceva che volevano crescere la bambina da soli, senza aiuti. Pensavo fossero solo parole. Credevo che dopo qualche notte insonne sarebbe crollata e avrebbe chiesto sostegno. So com’è essere una giovane madre, — confesso con amarezza.
Ricordo quando mio figlio era piccolo e mia madre mi aiutava: cucinava, puliva, lo portava a passeggio mentre io riposavo. Quel sostegno era tutto.
— Il giorno della dimissione dall’ospedale sono arrivata con fiori, regali e lacrime di gioia. Ho abbracciato mio figlio e ho congratulato Lucia. Loro mi hanno riaccompagnata a casa dicendo: «Vogliamo riposare, ci vediamo dopo». Niente “vieni a prendere un caffè”, neanche un “fermati un minuto”. Mi hanno messa in pausa, come se fossi di troppo.
Il primo mese non hanno lasciato avvicinare nessuno alla bambina. Lucia parlava di “isolamento”, “adattamento”, “tempo per la famiglia”. Pazienza, ho aspettato. Ma è passato un mese… poi due… Ora sono sei mesi e quella porta rimane chiusa.
— Ci vediamo solo al parco. A volte Lucia mi passa il passeggino e dice: «Fai un giro, io torno a casa a fare il bucato». E mentre cammino, sento il rumore della porta che si chiude alle mie spalle. Non ho mai varcato quella soglia. Mai. — La mia voce trema di rabbia repressa.
All’inizio mi offendevo. Piangevo, mi arrabbiavo. Poi mi sono rassegnata.
— Almeno posso vederla. Almeno non me la nasconde del tutto. Camminiamo insieme, le canto canzoncine, poi riporto il passeggino e… arrivederci.
A volte mi chiedo: ho sbagliato qualcosa? O Lucia ha le sue ragioni? Ma non ci sono spiegazioni, solo distanza. Come se fossimo estranee, non famiglia.
Voi cosa ne pensate? Ha senso che una giovane madre si comporti così? O è solo freddezza e mancanza di rispetto? Cosa fareste al mio posto?